Manovra 2026 - Legge di Bilancio - art. 130 - prova della regolarità contributiva
Da "Il Sole 24 Ore" del 21 ottobre 2025 - articolo di di Francesco Machina Grifeo
Un passaggio della bozza della legge di Bilancio 2026 agita i professionisti che rendono prestazioni alle pubbliche amministrazioni. Si tratta di un universo molto vasto che ricomprende ovviamente anche gli avvocati che potrebbero trovarsi caricati di un nuovo complesso onere burocratico. Il comma 9 dell’articolo 130, infatti, subordina il pagamento dei compensi professionali da parte delle Pa alla presentazione di documentazione attestante la regolarità fiscale e contributiva, da allegare alla fattura elettronica.
“Il regolare adempimento degli obblighi fiscali e contributivi da parte dei liberi professionisti che rendono prestazioni nei confronti delle amministrazioni pubbliche – recita il testo - è condizione per il pagamento di compensi per attività professionale da parte delle medesime amministrazioni. A tal fine il libero professionista produce la predetta documentazione comprovante la regolarità fiscale e contributiva unitamente alla presentazione della fattura per le prestazioni rese”.
A lanciare l’allarme tra i legali è l’Unione nazionale delle camere civili. Secondo la formulazione attuale, spiega una nota dei civilisti, un avvocato che emetta una fattura verso una Pubblica amministrazione dovrà allegare: un’attestazione di regolarità contributiva rilasciata dalla Cassa Nazionale Forense, analoga al DURC previsto per le imprese. Ed un certificato di regolarità fiscale rilasciato dall’Agenzia delle Entrate, non previsto nella prassi per i liberi professionisti (salvo che la norma intenda un’autocertificazione).
“Si tratta di un adempimento aggiuntivo che rischia di trasformarsi in una nuova zavorra burocratica – osserva l’Avvocato Alberto Del Noce, Presidente UNCC – aggravando procedure già complesse, allungando ulteriormente tempi di pagamento notoriamente lunghi e introducendo incertezza sulle modalità applicative.”
Inoltre, sottolinea l’Uncc, siamo di fronte ad un “evidente paradosso” considerato che i documenti richiesti sono già nella disponibilità della Pubblica Amministrazione, che può verificarne la regolarità d’ufficio attraverso le proprie banche dati (Agenzia delle Entrate, INPS, INAIL, Casse professionali).
Pretendere che sia il singolo a fornire certificazioni di cui l’Amministrazione è già in possesso “significa duplicare controlli e passaggi inutili, in aperto contrasto con i principi di semplificazione e digitalizzazione che dovrebbero ispirare l’azione pubblica”.
“Auspichiamo che, nel corso dell’iter parlamentare, la norma venga riformulata – conclude Del Noce – prevedendo che la verifica della regolarità fiscale e contributiva sia effettuata direttamente dalle Pubbliche Amministrazioni.”
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