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05/12/2025 Condividi

Corte Costituzionale - Processo penale: non sono fondate le censure concernenti la mancata previsione di un’ipotesi di incompatibilità o di ricusazione del giudice della prevenzione che disponga la restituzione degli atti all’autorità proponente per carenze probatorie

La Corte costituzionale, con la sentenza numero 182 depositata oggi, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 37, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale, in relazione all’articolo 36, comma 1, lettera g), del medesimo codice, sollevate dalla Corte di cassazione.

L’ordinanza che ha promosso il giudizio di costituzionalità prospettava la violazione degli articoli 24, 111 e 117 della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 6 CEDU e 47 CDFUE, in quanto la norma censurata non prevede che le parti possano ricusare il giudice che, chiamato a decidere sull’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, abbia disposto, nel medesimo procedimento, la restituzione degli atti all’autorità proponente. Ad avviso del rimettente, infatti, le valutazioni formulate nel provvedimento di restituzione possono compromettere l’imparzialità-neutralità del giudice.

La Corte ha ritenuto tale questione non fondata sulla base di un triplice ordine di considerazioni.

Premesso che in qualunque processo decisionale, in quanto attività intellettuale dinamica e non statica, il titolare dell’organo competente matura in itinere il proprio convincimento, che può dunque dirsi “a formazione progressiva”, la Corte ha innanzitutto evidenziato che il procedimento di prevenzione non è scandito da distinte fasi “processuali”, come accade invece nel procedimento penale, ma mantiene una fisionomia monofasica. Pertanto, anche la restituzione degli atti all’autorità proponente non determina una regressione di fase, ma identifica una mera sottofase all’interno di un procedimento che resta unitario.

In secondo luogo, è stato precisato che l’articolo 111, comma 2, della Costituzione, delinea i caratteri di qualsiasi “giusto processo”, quindi anche di quello di prevenzione. L’esigenza di imparzialità del giudice della prevenzione è dunque assistita dai princìpi costituzionali, che impongono l’assenza di attività pregiudicanti pur a fronte della peculiarità dei singoli procedimenti.

Da ultimo, si è rilevato che la restituzione degli atti all’autorità proponente non è qualificabile come “attività pregiudicante”. A tale ultimo riguardo, è stato chiarito che non appare ipotizzabile una situazione pregiudicante nella valutazione posta a fondamento del provvedimento di restituzione degli atti, che, implicando in realtà un rigetto allo stato per insussistenza dei presupposti della misura cautelare, non anticipa una successiva adozione del provvedimento di sequestro (o di altra misura, non ablatoria). Anziché valutare la sussistenza dei presupposti, il Tribunale che restituisce gli atti apprezza la sola sufficienza degli atti medesimi. E questo non integra una “attività pregiudicante”.

Roma, 5 dicembre 2025

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